A cura di Paola Vivian in Storie di Marca
La marca è il territorio dove si crea valore. Raccontiamo storie di marca perché vogliamo cercare, trovare e mettere in rilievo tutti i gesti, i dettagli e i comportamenti che troppo spesso rimangono nascosti. La nostra specialità è immergerci nelle marche alla ricerca di particolari preziosi, di nuove prospettive, di parole non dette – da elevare e mettere in risalto come meritano.
La Colombina è fatta di questi attimi di incalcolabile valore, che restano scolpiti in modo indelebile nella mente di chi mette piede per la prima volta in questa ex filanda e tessitura – nel cuore della scenografica piazza di Badoere dal lontano 1895.
Ma non si tratta solo di emozioni: è l'intera storia de La Colombina ad essere legata ad un filo, fin dall'inizio. Entrando per la prima volta nell'edificio, ciò che si percepisce chiaramente è la meraviglia della lentezza.
Si tratta del piacere di accarezzare piano i tessuti, apprezzandone senza fretta la lavorazione e la consistenza, con la consapevolezza che ad ogni dettaglio è stato dedicato il giusto tempo. Mani esperte hanno riversato il loro sapere su ogni singolo filo, seguendo il battito dei telai a mano del 1800, dando vita ad intrecci e fantasie uniche.
Ce lo raccontano Carlo e Mario, i due fratelli che gestiscono l'attività di famiglia.
Passione e lavoro
Sono cresciuti qui dentro, correndo e giocando fra telai, tessuti e filati, osservando i gesti degli adulti e iniziando pian piano a replicarli fino ad assimilarli completamente.
La casa di famiglia infatti si trovava a pochi passi dalla barchessa - caratterizzata dal lungo camino tipico delle vecchie filande - ed era naturale che i bambini trascorressero lì la maggior parte del loro tempo. Fra una corsa e una partita a nascondino venivano fermati dalle tessitrici: «Vieni qui, aiutami un attimo con questi fili!».
Nel corso degli anni il gioco è diventato passione e lavoro. Ma, soprattutto, passione.
«Purtroppo non si parla molto del ramo della tessitura» spiegano. «Si tratta di un mondo pressoché sconosciuto. La nostra intenzione è creare interesse per questo mondo, coinvolgendo anche scuole e istituzioni nelle nostre iniziative. È difficile far conoscere e apprezzare una realtà di questo tipo: l'unico modo è entrarci dentro e viverla».
Ecco perché La Colombina ha aderito a numerose iniziative per ampliare i suoi contatti con l'esterno, fra cui collaborazioni continuative con le Università. Di recente inoltre sono stati coinvolti sei ragazzi disoccupati, che per tre mesi si sono messi concretamente alla prova: hanno imparato l'infarinatura generale del mestiere e il funzionamento base di un telaio.
Il guizzo in più
«Certo, per imparare tutto occorrono anni di pratica» afferma Carlo. «Ma basta pochissimo tempo per capire chi ha una marcia in più. Il “guizzo” magico si vede subito, emerge con chiarezza dalle domande che ci vengono poste, dai commenti intelligenti, dalla curiosità che spinge a fare quel piccolo gesto in più che fa la differenza. Non è facile trovare nuovi tessitori, perché è un lavoro complesso e che implica molte responsabilità: se sbagli, si vede subito!».
«Voi siete nati entrambi con il “guizzo”?»
«E chi lo sa? Il nostro è un caso particolare perché un po' ci siamo nati, un po' l'abbiamo costruito nel corso degli anni» afferma Carlo. «Noi due siamo delle persone molto diverse, con formazioni e caratteri distinti. Io sono più creativo, Mario è più portato alla gestione, ma sicuramente ci intrecciamo bene. Proprio come accade con i nostri fili».
Chiacchierando ed esplorando passo dopo passo tutti gli angoli dello stabilimento, di cui certi spazi sono stati curati da Atelier d'impresa, arriviamo alla stanza dove ci sono i telai.
Fili e poesia
Chine su uno dei telai ci sono due donne, intente a maneggiare dei fili. Sono uno spettacolo insolito e poetico, quasi scollegato dal momento presente e appartenente ad un'altra dimensione: quattro mani, due giovanissime e due più mature, che accarezzano sottili fili bianchi e li muovono secondo uno schema a noi sconosciuto.
«Stanno sistemando i fili per imbastire una nuova lavorazione. Ora non ve lo potete immaginare, ma da questa sequenza uscirà un tessuto molto particolare» spiega Mario. «Lo schema parte sempre da un quadratino bianco e uno nero. Poi si complica, dando vita a sequenze complesse... un po' come lo 0 e l'1 nella programmazione informatica. O ancora, è come fare le parole crociate senza schema».
Noi siamo sempre più perplessi e al tempo stesso affascinati da queste lavorazioni piene di fascino e mistero. Conosciamo Lauretta, la storica tessitrice che lavora qui da quando ha 14 anni.
«Ti piace il tuo lavoro?» le chiediamo, senza mai perdere di vista le sue mani che si spostano abili sul telaio.
«Assolutamente sì» risponde lei, quasi sorpresa, come se la risposta non potesse essere diversa. «Ai miei tempi era molto comune iniziare a lavorare subito dopo la scuola. Un amico di famiglia mi ha suggerito questo posto, ed è stato amore a prima vista: da allora non me ne sono mai andata. Con questo lavoro è così, lo puoi fare solo se ti piace davvero tanto. Guardate Chiara, per esempio» dice indicando la ragazza di fronte a lei. «È laureata in Giurisprudenza, eppure ha scelto di imparare a tessere... ed è felicissima».
Chiara sorride: «È vero, sto bene qui. Sto imparando un mestiere stupendo, affascinante. I miei studi sono stati totalmente diversi, ma poi ho frequentato uno dei corsi organizzati dalla Tessitura per insegnare ai più giovani le fondamenta di questo mestiere e da lì è nato il desiderio di proseguire, di approfondire».
«Per forza sta bene qui, è una creativa!» interviene Carlo. «Abbiamo visto subito che aveva il famoso “guizzo”».
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